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Perchè lo psicofarmaco non può e non deve migliorare la qualità della vita

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Articolo tratto dal periodico LIBERTAS SPRINT anno I n°4 autrice Sabrina Parsi

E’ in preoccupante aumento la tendenza – anche da parte della psicologia e della psichiatria – a medicalizzare tutto e tutti (compresi i bambini) nell’intento di fare diagnosi al fine di individuare quale sindrome possa essere alla radice di un problema.

A fare tendenza è ancora una volta la società statunitense divenuta un modello di “società terapeutizzata”. E’ tempo che la scuola diventi consapevole anche del suo ruolo pedagogico al fine di trasformarsi in un supporto reale e concreto delle famiglie .Oggi l’umanità si trova ad affrontare eventi particolarmente stressanti (conflitti bellici, cataclismi ambientali, violenze di varia natura, disagi economici, ecc.) che influiscono pesantemente sul pensiero e sul comportamento. Il disagio psico-sociale che sta attraversando la nostra epoca- i cui punti di riferimento per definire le etiche esistenziali sono in continuo mutamento è sostanzialmente di natura interiore. Pur tuttavia è sempre più radicata la tendenza ad affidarla all’interpretazione univoca di una realtà medico-scientifica che – per formazione – ricerca le soluzioni nella farmacologia. I giovani – come denuncia la campagna nazionale per la difesa del diritto alla salute promossa dal Comitato “Giù le mani dai bambini”- sono le prime vittime inconsapevoli. Ogni comportamento concepibile (con il termine turba) può trovare posto nel DSM (Manuale Statistico e Diagnostico) e – conseguentemente – diagnosticato come sintomo di una presunta malattia mentale. Tuttavia non è dimostrato – per gran parte delle malattie elencate nel DSM – nessun nesso causale con le alterazioni cerebrali che giustifichi la terapia farmacologica. E’ proprio in base a questo criterio che – nel 1987 – l’associazione psichiatrica americana votò a favore della definizione della turba di iperattività e conseguente deficit dell’attenzione (ADHD) come di una malattia mentale. La cura di questa malattia è il Ritalin la cui produzione, vendita e devastanti effetti collaterali hanno avuto un aumento esponenziale nonostante non esistano prove mediche che comprovino una specifica affezione cerebrale. Oggi, negli Stati Uniti, vengono somministrati quotidianamente anfetamine e psicofarmaci ad oltre 11 milioni di bambini mentre, nelle scuole italiane, sono stati avviati programmi di screening di massa per individuare bambini sofferenti di problemi psicologici. E’ sufficiente che un bambino sia irrequieto ed indisciplinato per diagnosticare una sindrome da deficit di attenzione ed iperattività? Come può essere considerato scientifico un simile approccio se le sindromi non vengono valutate secondo criteri scientifici? Ed il rifiuto di una diagnosi del genere come viene interpretato? L’ADHD è una possibilità, ma ce ne sono molte altre: per esempio insegnanti incompetenti e genitori indifferenti o distolti dalla risoluzione di gravi problemi personali o familiari. Altrettanto innegabile è l’esistenza di persone che hanno bisogno di medicinali o di essere curate in istituti psichiatrici perché pericolose per sè stesse e per gli altri: ma non nella misura di un cittadino su due come appare nelle statistiche statunitensi. Il disturbo da deficit dell’ attenzione ed iperattività, il bullismo, l’infelicità personale, la criminalità diffusa, la violenza, non sono frutto di una società mentalmente malata, ma di un sistema in cui domina una politica incapace di una visione integrale della realtà e priva di virtù etiche. Una politica che ritiene il progresso (essenzialmente inteso come profitto e potere) raggiungibile soltanto con la manipolazione e lo sfruttamento delle risorse della natura e degli esseri viventi è l’essenza della cultura della nostra contemporaneità. Come l’ecosistema viene alterato da una coscienza materialistica, che applica criteri di sviluppo schizofrenici, i giovani – alienati dal loro potere interiore (la sensazione, la creatività, l’intuizione, la volontà) – manifestano il loro disagio attraverso comportamenti deviati in quanto costretti a confrontarsi con una “logica” fondata sulla competizione e sull’aggressività.

“Qual’è la loro colpa se non quella di essere figli di una società tecnocratica in cui i valori più nobili dell’umanesimo sono stati rimossi?” Questa ed altre domande – oltre ad indurci ad una più attenta ed approfondita riflessione sul significato dell’esistenza – ci stimolano a ricercare percorsi alternativi al fine di ricreare un modello esistenziale più evoluto e più integrale in grado di confrontarsi con una società complessa come la nostra. A tale proposito si avverte l’urgenza ormai non più procrastinabile che la scuola (istituzione non più al passo con la società moderna) diventi consapevole anche del suo ruolo pedagogico al fine di trasformarsi in un supporto reale e concreto delle famiglie. L’esposizione ad eventi (come violenze nell’ambito sociale o familiare, difficoltà economiche, separazioni o divorzi dei propri genitori, malattia di uno o di entrambi i genitori, ecc.) può influire sull’insorgenza di patologie (tra cui la depressione), sul rendimento scolastico e sull’assunzione di comportamenti errati che impediscono al ragazzo di conseguire “abilità sociale”. La scuola potrebbe rappresentare una reale palestra per l’ acquisizione di competenze sociali ed emotive oppure un luogo dove il bambino o il ragazzo sperimenta degli eventi negativi che possono influire sulla sua autonomia e sul concetto di sé. Infatti la scarsa autostima si forma proprio nell’età adolescenziale e nasce dal giudizio di sé percepito attraverso la relazione con i genitori, gli insegnanti, i coetanei. E’ opportuno quindi che la scuola applichi programmi scolastici volti a promuovere le competenze emotive e sociali con il coinvolgimento dei genitori: gestione dello stress, come utilizzare la rete sociale nei momenti difficili, come sviluppare una volontà interiore, come acquisire una propria capacità decisionale, come avviare dinamiche di gruppo, ecc. Questo non significa che la scuola da sola possa sopperire alle carenze delle altre istituzioni sociali ma in una società che non offre più ai giovani un punto d’appoggio sicuro nella vita resta il solo istituto al quale la comunità può rivolgersi per correggere le carenze di competenza emozionale e sociale dei ragazzi. “Poiché quasi tutti i bambini vanno a scuola (almeno all’inizio), la scuola è un luogo che permette di raggiungere ognuno di essi e di fornirgli lezioni fondamentali per la vita che, altrimenti, non potrebbe mai ricevere” sostiene lo psicologo Daniel Goleman nel suo best-seller “Intelligenza emotiva”. E’ opportuno ricordare che il termine psicoterapia deriva da due parole greche che non hanno alcuna relazione con la medicina: therapeuo (dedicarsi a), psykhé (anima o respiro o carattere). Può significare quindi prendersi cura della realtà sottile dell’uomo (le correnti energetiche, il prana oflusso vitale, il respiro). Esattamente ciò di cui si occupa un istruttore di yoga o di karate per migliorare lo stato di consapevolezza e conseguentemente la qualità della vita . A tale proposito l’acquisizione di una conoscenza della realtà multidimensionale dell’uomo – mediante la pratica di determinate tecniche come la bioenergetica, lo yoga, la meditazione, la visualizzazione, la musicoterapia, la cromoterapia (rivolte al potenziamento ed al controllo del sistema psico-neuro-endocrino-immunologico – oltre a produrre risultati concreti in ambito terapeutico oggi trova spiegazioni anche in ambito scientifico aprendo le porte a straordinarie possibilità evolutive. Numerose sperimentazioni stanno infatti convalidando come tutto ciò che l’uomo assorbe dall’ambiente influisca sulle sue cellule nervose e cerebrali condizionando i suoi pensieri e, conseguentemente, il suo comportamento.

E’ stato scientificamente dimostrato come nella meditazione, per esempio, aumenti il livello di sincronizzazione fra i due emisferi del cervello con la conseguente capacità di flusso intracerebrale, di scambio delle informazioni, di sinergia tra il livello mentale e quello emotivo. Tra i risultati più significativi vengono segnalati: l’aumento della capacità di concentrazione, il miglioramento della memoria e dell’intelligenza, l’accelerazione dell’energia fisica con la conseguente ottimizzazione della salute psico-fisica, la riduzione dell’ansia, la gestione delle emozioni, il potenziamento dell’attività creativa, ecc. Recenti ricerche hanno dimostrato l’esistenza di una nuova forma di sincronizzazione esistente tra i cervelli di differenti persone riunite in gruppo e, conseguentemente, confermato l’incremento dell’empatia tra le persone mentre condividono una pratica meditativa. Le antiche tradizioni di saggezza (convalidate oggi dalle ricerche e dalle nuove teorie della fisica moderna come la fisica quantistica, la psicologia sinergetica) hanno lasciato un vasto patrimonio di pratiche millenarie che – se applicate sin dalla più giovane età possono diventare uno stile di vita assai utile per evitare, ridurre o eliminare totalmente lo stress. Se praticate quotidianamente (almeno mezz’ora) aiutano ad affrontare la giornata con entusiasmo ed energia, rendendo il corpo sempre più forte, agile e sano e la mente controllata e serena. E’ cresciuto esponenzialmente negli ultimi dieci anni l’interesse in occidente (anche tra i giovani) nei confronti dello yoga. Lo yoga favorisce la calma, rafforza la memoria, l’introspezione, la consapevolezza e la riflessione. Pertanto integrato nei programmi scolastici (come nelle attività lavorative) può diventare un momento di relax, di distensione mentale e fisica. Lo yoga può essere integrato (sia per i giovani che per gli adulti) nelle attività dei centri sportivi o di benessere per imparare a percepire ed a sviluppare le proprie potenzialità interiori latenti e la forza muscolare in modo progressivo ed armonico. Lo yoga (per mezzo del pranayama) insegna il corretto modo di respirare con conseguente beneficio fisico e mentale (rafforzamento delle difese immunitarie, miglioramento del ritmo circolatorio, gestione delle emozioni). La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha distinto in un documento di versi livelli di ”medicina basata sull’evidenza” che comprendono anche l’evidenza dell’uso tradizionale. Anche all’interno di un percorso riabilitativo psichiatrico lo yoga potrebbe risultare un valido strumento alternativo alle terapie farmacologiche ed educativo e formativo per l’acquisizione di uno stile di vita più armonico. Avere dei problemi da superare è naturale, fisiologico:è parte integrante di un processo evolutivo.

Lo squilibrio psico-emotivo non è necessariamente una malattia. Spesso corrisponde allo sforzo dettato dalla necessità di una continua valutazione personale e della trasformazione di Sé nell’intento di controllare e di gestire un universo in continua evo-luzione verso cui l’uomo è strettamente interrelato e collegato: diventarne consapevoli è la terapia vincente di questo millennio.

Sabrina Parsi

 

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